Un’origine disputata: italiane, francesi o…

Le motociclette affascinano, stupiscono e seducono a oltre cento anni dalla loro prima apparizione su strada: sono da sempre simbolo di libertà, di velocità e di autonomia… Ma non tutti conoscono la storia – anche complessa – che c’è dietro questo veicolo di enorme popolarità.

Per esempio, è incredibile che nell’era della comunicazione così pervasiva su internet non ci sia ancora certezza sulla data di nascita esatta o sul luogo di apparizione della prima motocicletta. Sappiamo invece che il nome con il quale le descriviamo tutt’oggi viene dal francese “motocyclette”, marchio commerciale attribuito per spiegare che quella due ruote con quello strano ingombro oltre la sella era sì una bicicletta, ma motorizzata.

È qui però che si fermano le nostre sicurezze. Perché esistono diverse versioni sull’identità dell’inventore del veicolo. Per alcuni il papà della moto è Ernest Perreaux, che depositò il brevetto della propria creatura nel 1869. Per i più patriottici invece l’inventore è da ricercarsi nell’italianissimo Giuseppe Murnigotti, un ingegnere di Bergamo che dieci anni dopo esatti progettò una bici con motore a combustione interna. Un altro balzo in avanti nel tempo e arriviamo al 1885, quando a disegnare una moto primordiale fu Gottlieb Daimler, passato alla storia come uno dei primi imprenditori dell’industria automobilistica. La casa tedesca che porta ancora il suo nome tuttora produce le famose Mercedes Benz! A questo genio tedesco si deve però anche il disegno della Reitrad, considerata la prima vera motocicletta, costruita insieme a un altro pioniere del settore, Wilhelm Maybach.

Anche l’America dà il suo contributo

 

Per questa e altre invenzioni, i due sono giustamente stati inseriti nella Automotive Hall of Fame link text, il che dovrebbe chiudere ogni possibile ulteriore discussione sui primi vagiti delle motociclette, giusto? Sbagliato, perché negli stessi anni in cui Ernest Perreaux provava a trasformare la bicicletta in qualcos’altro, Sylvester Hayward-Roper, negli Stati Uniti, provava a fare lo stesso: la prima data arrivata a noi parla di 1867 per un’invenzione assai simile a quella di Perreaux.

Il celebre Smithsonian Institution di Washington, che conserva i prototipi di Hayward-Roper, è più propenso a indicare come data dell’esperimento americano quella del 1869. Ovviamente, visto lo stato delle telecomunicazioni alla fine del Diciannovesimo secolo, non si può assolutamente dire che i primi due o tre tentativi fossero stati un caso di plagio. Evidentemente, molti inventori in giro per il mondo ambivano a trasformare la pedalata, in quegli anni, in qualcosa di meno faticoso e l’esperienza della bici in qualcosa di più veloce e quindi risposero a un’esigenza, come si suol dire, molto sentita.

Per questo motivo è più corretto smettere di parlare di un inventore della moto, e discutere invece di un gruppo che nonostante gli anni di distanza e i paesi diversi si fece carico di una tendenza: la spinta a innovare un mezzo di trasporto già popolarissimo per trasformarlo, come possiamo dire noi con assoluta certezza, in una vera e propria icona.